Gallerie del Monte Paterno
La destinazione è una cosa.
Arrivarci è tutt'altro.
Non so spiegarvi cosa sia l'andar per monti...
È forse l'alzarsi al mattino ed avere chiara in testa la meta. I panini che mentre li prepari sanno già del luogo in cui li assaporerai.
Il dubbio dell'avere preparato lo zaino al meglio.
Calzarsi gli scarponi. I primi passi, la voglia di andare veloce e il fiatone. Il lento rotolare dei sassi.
La sensazione di essere cresciuti in altezza, i piedi tra le pietre, la testa fra le nuvole. Il vento del mattino che accompagna il riverbero.
Gli occhi che lacrimano. Sentirsi parte di un avventura solitaria, nonostante altri puntino alla nostra stessa meta.
Il caffè al primo rifugio utile.
Sostare qualche secondo sulla porta e pensare che in fondo ci si potrebbe accontentare di questo ogni mattina.
La compagnia di chi ci accompagna.
Salire cercando di fare meno rumore possibile.
Fermarsi e con un aria di stupore
accorgersi che il viso si è già aperto in un sorriso inconsueto.
La meraviglia per un panorama che, pur essendo sempre lo stesso,
non ha ancora smesso di stupire.
Il freddo che percorre la schiena sudata sotto lo zaino
quando si giunge in forcella.
La sete che sembra non giungere mai fino a che
non ci ricordiamo di essercene dimenticati.
Il freddo nel raggiungere la base delle pareti all'ombra.
Il senso di inadeguatezza nel vestire l'imbrago.
Lo zaino che si trascina a fatica lungo il soffitto.
Uscire alla luce e ritrovarsi su una cengia.
La vertigine e l'adrenalina. Il lento brulicare del mondo sotto i piedi.
Lo stringere delle mani sul cavo d'acciaio.
Scorrere veloci come su un binario.
Raggiungere la cima e sentirsi solo all'inizio del viaggio.
L' ampiezza del campo visivo che annulla la profondità tanto da sentirsi ad ammirare un quadro più che un panorama.
Scendere veloci come si è saliti.
L'intuizione di quanto efficace è il corpo umano nel saper coordinare nella frazione di un secondo la vista e il passo.
La consapevolezza che domani le gambe faranno male.
La bellezza di un rifugio in quota. La cura, l'ordine, l'efficienza, la scelta delle tende, il vaso sui tavoli.
Ordinare uno strudel e nell'attesa gustarsi con gli occhi i piatti degli altri.
Guardare fuori dal balcone e non aver voglia di tornare a casa.
La felicità
è uno strudel
al Rifugio Pian di Cengia.
IL NOSTRO ITINERARIO
(Cartina dei sentieri TABACCO 010)
Raggiunto il Rifugio Auronzo in auto, abbiamo proseguito fino a Forcella Lavaredo (2454m) passando per un caffè al Rifugio Lavaredo (2344m). Da qui salendo diritti sotto le pareti del Monte Paterno si raggiunge la prima cengia e le prime gallerie. Consigliamo di vestire l'imbrago e il casco già a partire da questo punto. Il primo tratto è una splendida cengia con vista sulle Tre Cime di Lavaredo. Raggiunta Forcella del Camoscio (2744m) sulla quale giunge il sentiero attrezzato che sale dal Rifugio Locatelli, un breve tratto verticale con cavo ben attrezzato, conduce in cima al Monte Paterno. Discesa dalla stessa via di salita, eccetto il tratto verticale in ferrata che è diversificato per la salita e per la discesa.
Ridiscesi alla Forcella del Camoscio, volendo proseguire il giro del Monte Paterno, il sentiero prosegue su cenge, spesso attrezzate con cavi; all'altezza delle Crode dei Piani il sentiero scende a raggiungere Forcella Pian di Cengia (2522m). Da qui in breve tempo si giunge al Rifugio Pian di Cengia. Rifugio privato di proprietà della famiglia Niederbrunner/Innerkofler si contraddistingue per l'attenzione e la cura in ogni ambiente. Se vi è possibile, fermatevi per la notte ma vi consigliamo di prenotare QUI !
Il rientro può avvenire su due itinerari:
il sentiero 101 che da Forcella Pian di Cengia porta a Forcella Toblin, al Rifugio A. Locatelli e infine a Forcella Lavaredo
attraverso i laghi di Cengia e il sentiero 104 che conduce a Forcella Lavaredo.
I tempi di percorrenza si differenziano di poco e l'ambiente è su entrambi spettacolare.